Consorzio

Il Consorzio è nato per tutelare e valorizzare l’olio extravergine d’oliva prodotto in Piemonte. Caratteristica comune di tutti i Consorziati è una vera passione per l’olio extravergine e per il loro territorio. Il Consorzio raggruppa gli imprenditori agricoli che hanno scelto di intraprendere professionalmente l’olivicoltura nel nostro territorio.

Breve Storia Olivicoltura Piemonte e Valle D’Aosta

Nell'alto medioevo l'olivo era relativamente diffuso al nord, nei secoli XII e XIII si hanno numerose segnalazioni di uliveti nel canavese e nel biellese, passando dal torinese fino alle Langhe al Monferrato ed al Roero, raggiungendo, più a nord, zone con microclimi maggiori compatibili con l'olivicoltura, come la val di Susa e, in alcuni periodi, il novarese. Verres, Pont St. Martin.

Nel canavese e nel biellese numerosi documenti dimostrano come fossero previsti premi per chi portava le piante di ulivo a fruttificazione (1340) o semplicemente a chi le possedeva (1449), obblighi di messa a dimora di olivi per ogni ettaro posseduto (1341), divieti di pascolo negli oliveti e, ancor più interessante, era vietata la vendita di piante di olivo agli stranieri (1329). Nel torinese, intorno al XV secolo, al catasto di Chivasso si trovano indicazioni circa la distanza da mantenere tra le proprietà private e pubbliche, citando l'olivo come una delle specie coltivate in tali suoli. Sempre a Torino (1369) viene emanato uno statuto che richiede che ulivi e mandorli vengano piantati da chi possiede vigneti, inoltre vengono previste pene severe per chi danneggia o ruba le piante di ulivo.

A metà del XVI secolo è documentata la presenza dell’olivo a Torino, Chieri, Moncalieri, Rivoli, Val di Susa, Pinerolo e Val Pellice. Troviamo tracce documentali delle coltivazioni anche in provincia di Cuneo, nel saluzzese e albese, a S. Stefano Belbo, nel Monferrato, e in provincia di Alessandria. Per quanto riguarda il distretto dei laghi le prime notizie certe risalgono al 885. Gli ulivi erano presenti presso il lago di Mergozzo, quello di Viverone, il lago d’Orta, lago Maggiore e le sue isole. In questa finestra temporale, in Piemonte, l'olivicoltura era più importante della viticoltura, l'olio d'oliva era sicuramente prodotto in quantità considerevoli, sia per uso alimentare ma anche come olio per lampade da illuminazione.

Le intense ondate di freddo dei primi anni del 1700 e le poderose gelate invernali tra la fine del secolo e il 1812 hanno determinato l’abbandono dell’ulivo come coltura commercialmente sfruttabile a beneficio della vite e del vino già presente ma meno diffuso. Inoltre, i più agevoli scambi commerciali con le regioni del centro sud, resero ancor più conveniente questa virata colturale durata fino alla fine del 1900. Dagli anni 90 si è assistito ad una lenta ma costante ripresa nella reintroduzione degli olivi sulle nostre colline.

Nel 2020 si stimavano in Piemonte circa 350 ettari coltivati a olivo. Di questi è ragionevole pensare che un terzo siano intesi a sviluppo commerciale e la restante parte è composta da hobbisti. Si stimano circa 200.000 / 250.000 piante con una distribuzione disomogenea dovuta alle particolari richieste ambientali della pianta. Sono circa 900 gli olivicoltori, hobbisti ed imprenditori, in Piemonte e VDA. I dati condivisi con la Camera di Commercio riportano 255 aziende con il codice ATECO di interesse. Analizzando i dati in profondità, però, i ns stakeholders risultano essere solo qualche decina. L’olivicoltura in Piemonte non più una coltura di super-nicchia ma lo è ancora la produzione di olio EVO di qualità.

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